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28 settembre 2012

Uno gioca, uno segna

"La prossima volta non ti metti questa tuta e ci sediamo ai nostri posti", così una ragazzina si rivolge al fidanzato, mentre scende le scale del settore 16 della Curva Sud. Questa volta la delusione mangia gli umori di tutti. Perdere in undici contro dieci è imbarazzante. Parlo poco, la rabbia mi ammutolisce. Totti da solo non basta. Il mio Capitano, un ragazzo di 36 anni, che quando segna mi fa spezzare un unghia, è di un’altra categoria. Lo vado a ricordare a Sandro, quando al 34’ passiamo in vantaggio, perché lui è sempre contro Totti.
"Uno gioca, uno segna” gli faccio e applaudo verso il campo dove Francesco sta con il dito in bocca come un bambino. Felice come un bambino. Meraviglioso come solo un adulto con lo spirito di un bambino può avere.  Il Mio Capitano.
"Sandro è confermato: quando scommetti su un giocatore lo bruci" è il minimo che posso dirgli quando vedo Destro sciupare l'ennesima occasione davanti alla porta. Ferrara si sbraccia a bordo campo e la Curva lo invita a sedersi con il consueto coro che si riserva all'allenatore ospite (perché noi siamo educati). E' sera, Alma lascia il suo posto vuoto, la sera non ce la fa più a venire. Ci manca. Lo stadio sembra pronto a festeggiare la prima vittoria di una squadra dalla doppia faccia. Quando l'arbitro fischia la fine del primo tempo Marco si alza: "Il primo tempo vinciamo sempre". Sul volto di tutti appare un'espressione rassegnata, quella che sussurra uno speriamo bene.
Al rientro con l'espulsione di Maresca niente può impedire la nostra vittoria. Niente tranne una papera del nostro portiere. E' 1-1 e ricompaiono i fantasmi. La Roma sciupona corre ancora ma non segna. L'arbitro fischia la fine e Totti, ancora lui, gli corre incontro arrabbiato: "Un espulso e due sostituzioni sono solo due minuti di recupero???" 
Mirko, che i minuti di recupero li guarda sempre, aveva già commentato: "Due minuti??? Com'è possibile!" per poi aggiungere: "Erano pochi ma non sono un alibi per questo pareggio indegno". 
Sandro è sconsolato, aveva portato la vecchia radio per ascoltare le partite sperando che nella scaramanzia.
"La prossima settimana proviamo a non bere il caffè" propone Christian mentre Antonella rilancia: "E se fissiamo di nuovo l'appuntamento davanti alla Pasticceria, anche se la Pasticceria non c'è più?". Questa soluzione vince. E così sarà. L'ultimo anno con l'appuntamento davanti alla Pasticceria siamo arrivati a giocarci lo scudetto a Verona, deve funzionare.
Camminiamo ognuno con il peso dei suoi  pensieri. Il mio si chiama Juve e se prima mi sembrava fastidioso come una mosca adesso lo sento nauseabondo come il latte andato a male. Mancano tre giorni, abbastanza per risuscitare.

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