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14 novembre 2018

11 giugno 2018 : Anni 80


Nel tragitto da lavoro a casa (e qualche istante prima) questa notte di cose ne sono successe. Mentre mangiavo la bresaola , per tacitare la mia coscienza in preda ai morsi del senso di colpa per essermi ingozzata con patate al forno, entra Il Pomata nella sala. 
Dunque Er Pomata, per essere precisi, è un personaggio della notte. Un bravo cristiano , lavoratore che si affaccia nella sala vuota del ristorante sempre e puntualmente dopo mezzanotte, quando stai “col sorcio in bocca” .
“Buon appetito!” fa e poi “ ma sempre a magnà state!?”
Il plurale è rivolto a noi gente di sala e di cucina , che dopo aver sgobbato tutta la sera, finalmente ceniamo. 
“E sempre a quest’ora arrivi!” 
Viene da rispondere ma Er Pomata è un uomo bravo e a quelli bravi non si risponde così. Piuttosto si dice: “ hai sete? Vuoi qualcosa da bere?” 
Anche se stasera non glielo abbiamo chiesto. Era in preda a una delle sue “perle” di saggezza. Si perché Er Pomata carica l’umido sul furgone della spazzatura e poi rientra per chiacchierare due minuti. Il tempo di prendere fiato e trovare la forza di ricominciare e andare avanti tutta la notte. Oggi comunque la sua perla riguardava il tempo che fu... i favolosi anni ‘80, quelli che ci si divertiva con poco. Quelli nei quali stavamo tutti bene, più liberi dal male, più semplici e al sicuro. 
“Oggi la sera,quando torni a casa, devi ringrazià Dio! Te devi fa il segno della croce!” C’ha ragione er Pomata. Brutto periodo, il nostro. 
Er Pomata lo lascio a parlare mentre mi defilo e, salutando tutti, monto in sella alla mia vespa bianca. Davanti al ristorante ci sono delle sedie e dei tavolini lasciati fuori dal bar. A turno ne approfittano ragazzi, i senza tetto e gli ubriaconi. Butto uno sguardo rapido, individuo un uomo scalzo, lo supero e proseguo in questa notte che pare tutto fuorché una serata normale. 
Le luci illuminano ogni cosa. I locali sono tutti aperti, anche quelli che di solito di luminoso hanno solo l’insegna. 
Lungo la strada ragazzi a cavalcioni vagano senza meta . Una coppia si tira dietro il trolley: sono bellissimi. Mai quanto quella che mi attraversa la strada, proprio davanti il ponte che mi porta oltre il Tevere. Attraversano mano nella mano, poi lui le fa fare una piroetta e se la bacia . Sembrano così innamorati a mezzanotte passata, non so nemmeno se sono amanti ma non m’intetessa , sono vivi. Nessun incantesimo, nessuna Cenerentola in fuga, solo loro e quel sentimento invisibile eppure così percettibile alla vista. 
Un ragazzo che è poco più avanti a me , entra a mala pena sul motorino, lo noto per la postura storta della gamba. 
Ha la barba nera e un profilo familiare. Lo supero e poi mi faccio superare. 
Alla fine lo raggiungo e riesco a farmi vedere: “ciao Giovanni! Come stai?” 
Giovanni è un collega che lavora nella redazione del tg de La7. Mi sorride sorpreso e poi mi racconta di una bevuta tra amici; di un concerto in arrivo da andare ad ascoltare e per il quale sta ripassando ascoltando musica nelle cuffiette; di una casa poco lontana dalla mia e di sonno tremendo. 
“A chi lo dici!” gli faccio eco. 
Ci salutiamo: lui prosegue dritto, io giro a sinistra, sempre a sinistra. 
A Piccolomini la scuola è finita: lo riconosci dal numero delle macchine parcheggiate nei pressi del chiosco. Tre ragazzi parlano sui motorini, uno è più spostato sul marciapiede e fa lo scivoloso con una ragazzina compiacente. 
Davanti al Cupolone la solita folla adorante pronta a battere le mani davanti a tanta maestà. 
La strada è chiusa da nastri, dovranno rifare l’asfalto ma non sembra preoccupare le vetture che, in numero piuttosto elevato, continuano a ricoprire la maggior parte dei fianchi di via Piccolomini. 
Due ragazzi , nascosti dall’ombra e da sguardi indiscreti, si baciano in piedi, “beccati” solo da me e dal gatto dell’appartamento del secondo piano al quale non sfugge mai nulla. 
Percorro il tratto finale del mio tragitto e quando penso di aver visto tutto (incluso il pullulare di bancarelle che stanno popolando gli argini del Tevere pronte per dare il benvenuto alla stagione delle passeggiate all’aperto) mi ritrovo ad ammirare, un po’ spaesata a dire il vero, un ragazzo nero seduto su una transenna con cappellino e musica nelle orecchie, assorto in un rapper di mezzanotte e mezzo, privo di un pubblico alla sua altezza. Uno squarcio metropolitano più newyorkese che romano. 
Un viaggio lungo stasera, che pare durato una vita. Un viaggio fatto di volti di altri paesi, di lingue e dialetti diversi. 
E penso alla disperazione dell’Aquarius e di quei bambini e di quelle donne costrette in mare per ore, per colpa nostra. 
Come si può giustificare tanta ottusità? Parcheggio la vespa e salgo i miei 4 piani. 
In borsa ho un pacchetto che mi è arrivato con un regalo tutto per me da me.
Si tratta di una coppia di anelli con il numero 40 ma nell’aprirlo scopro stupita che le scatolette invece di essere due sono tre! 
Dentro la sacchetta trasparente trovo un biglietto che parla così : “grazie per aver comprato i miei prodotti, ho aggiunto un pacchetto in più da parte mia per il tuo compleanno, a presto Sara” 
E allora capisci che c’è ancora speranza, se ci sono sconosciuti che ti mandano regali per il tuo compleanno in arrivo e lo fanno solo per la gioia di farlo. 
Grazie Sara, perché dopo giorni di dubbi sei arrivata tu con il tuo gesto “normale” a ridarmi una scossa di umanità. 
Buonanotte Sara, perché te la meriti una notte bella come il tuo pensiero per me.

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