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23 settembre 2013

Roma - Lazie: con le piccole si vince facile


Il lunedì dopo il Derby vinto è bello come il primo lunedì "dopo un anno di lavoro" per dirla alla Lorenzo. Soprattutto se da mesi vivi l'onta di una finale persa, onta che, badate bene, non viene cancellata ma superata. 
Procediamo con ordine però.
Quelli che il Derby lo soffrono li riconosci subito. Li vedi vagare dalla mattina di Domenica con occhiaie e sguardi assenti. Diventano irascibili per nulla (vedi Mirko) e non mangiano o mangiano troppo. Li vedi partire alle 13 da casa, ma sono pronti già da mezzogiorno. Li vedi carichi, come il sole di settembre che ancora riscalda come fosse Agosto. Quelli che il Derby... li riconosci subito.
Il Derby, soprattutto quello del 22 settembre 2013, è così. Era il Derby che si doveva vincere, non c'era alternativa. Non c'erano forze per pensare a qualsiasi altro risultato. Non c'era pazienza, spazio, fiato. 
No. Ieri, come aveva detto Garcia in conferenza stampa, il derby andava vinto. 
Dato che negli ultimi tempi le scaramanzie non sono riuscite, la forza della disperazione ha preteso di partorire nuove opportunità di superstizione. Dopo la mia settimana benedetta da Papa Francesco (quello vero intendo), un caffè Nespresso Roma, più quello di rito con Antonella, Sandro (che l'ha preso d'orzo perché troppo agitato), Mirko, Christian, Marco e Matteo nel solito bar, è arrivata l'alternativa al percorso da seguire sotto l'ingresso della Sud. Sempre dritto nel centro delle colonne, nessuno slalom a destra dell'ultimo pilone. Dev'essere stato quello a farci vincere. Oppure il nuovo posto,  invece di mettermi seduta terza da destra della scalinata, ho preferito mettermi seconda da destra su una fila più in basso. Pochi accorgimenti ma fondamentali. 
Per non parlare dell'abbigliamento, nel dubbio ho portato tutto: maglia Lazio no Grazie e maglia scudettata di Francesco Totti. Insomma come al solito il mio dovere lo avevo svolto a pennello. 
A differenza dei soliti Derby, questa volta al mio ingresso in Sud vedo la Nord vuota con uno striscione che diceva una cosa tipo..." buon memorial noi ci beviamo 'na birretta e poi entriamo"...una cosa così di quelle che ti dovrebbero far arrabbiare ma che a me hanno solo fatto tirare un sospiro di sollievo. Vedere la Nord vuota è un piacere di gran lunga superiore a quello di vederla piena. 
Sono le 14 e qualche minuto, quando la squadra entra in campo per allenarsi.
"Morgan De Sanctis è proprio scocciato" commenta Mirko quando il portierone passa sotto la sud e i distinti mimando con le mani il gesto di alzare la voce. 
La Curva C'è e lui e molti altri nuovi giocatori la vedono per la prima volta. Un'emozione. Il dodicesimo uomo in campo è arrivato, magico e splendido, addirittura vestito da una coreografia ( o scenografia per i puristi della lingua ) inaspettata. 
All'ingresso in campo delle squadre per l'inizio della partita, dopo aver cantato Campo Testaccio e Roma Roma, la Curva si veste d'oro e porpora e di vessilli e dice a una Curva Nord assente e muta, la più dura delle verità: 
Il MIO NOME E' IL SIMBOLO DELLA TUA ETERNA SCONFITTA : a.s. ROMA
La partita ha inizio. Tra gli spalti c'è chi guarda e chi no. C'è chi sente nelle cuffiette, chi strappa  nervoso pagine di giornale. Il primo tempo di questa squadra, si sa, parte sempre un po' male. La Lazio è ben piazzata, me l'aspettavo fortuna su Candreva c'è la doppia marcatura. 
"Balzaretti da solo non gliela fa'!" è stato questo il ritornello di tutta la settimana. Già Balzaretti, croce e delizia di questa Roma e del mio fantacalcio (per scaramanzia l'avevo messo in tribuna), Balzaretti che invece da' a tutti (compresa me) una lezione: basta correre quando è necessario...anche poco ma bene. 
Grande Balza, che nel momento in cui aveva preso un palo e dagli spalti mi ha fatto pensare "ci risiamo", si è rimesso in piedi e ha trafitto Marchetti. Federico che è corso in Sud ed è tornato in campo asciugandosi le lacrime "Perché Daniele piangeva e ha fatto piangere pure me". 
E pure noi, a tutti. Nemmeno me lo ricordo come ho esultato, so solo che ho visto un 1 sullo schermo e finalmente ho sentito svanire quella sensazione d'ingiustizia che portavo dentro da mesi. 
La partita a quel punto diventava più tesa che mai. Da buona romanista ogni presagio oscuro prendeva forma nella mia mente. 
"Se non chiudiamo questa pratica c'è il rischio di una beffa" come Castroman, anni indietro ci insegnò. 
Concentrati dunque. La Curva è grande. La Curva è oltre. 
Arriva fino a casa di papà e mamma. Arriva a Torino dove zio Bri è scappato prendendo un treno alle 8 pur di evitare lo stress del derby. Arriva da Flavio nel giorno del suo ventiduesimo compleanno festeggiato davanti alla partita. Arriva alla reception dove mia sorella Claudia lavora e mi manda un messaggio per sapere come procede, con più grinta e tifo del solito da quando si è lasciata con il suo ex laziale. La Curva arriva anche da Fabiana, che divide casa con un marito juventino. Alla Garbatella da Alma, che la vecchiaia ha fermato nel fisico ma non nel tifo. Arriva a Salerno dove Serena ritrova qualche ora di svago e gioia. Arriva fino a Piccadilly Circus a Londra, invasa da tifosi giallorossi. 
La Curva arriva sulle montagne dove Giulia ed Elena Vittoria simpatizzano per la mia squadra. A Genova dove Guja ha la Roma nel cuore perché mi vuole bene. La Curva è ovunque ci sia un cuore. 
E' oltre lo Stadio e a concentrarci siamo in tanti, romanisti e gente di buona volontà, quella che non c'è più e guarda da lassù.  
A volte basta il pensiero, si dice, e così è stato. 
Così, quando nei minuti di recupero, Ljajic ha trasformato il rigore in un raddoppio  è scoppiata la gioia che attendeva di evadere dal 13 marzo 2011 quando la Roma vinse con una doppietta di Francesco, non il Papa lui è stato eletto sempre il 13 marzo ma del 2013. Coincidenze di Roma, viene da osservare. 
Grazie Roma accompagna squadra e allenatore in una corsa sotto la Sud. L'allenatore sul quale avevo detto di pronunciarmi solo dopo il 22 settembre, perché prima di tutto andava vinto il derby. 
E allora adesso lo posso dire: Garcia è un grande allenatore, uno che ha rimesso la Chiesa al centro del Paese. Certo con un Francesco in squadra l'impresa sembrava facile. Bravo lui e bravi tutti!
A fine gara telefonata a papà e a Fabiana. Poi Antonella si mette a ridere per un messaggio che gli ha mandato Luca, il fratello: 
"Nun c'è niente da fa' quest'anno con le piccole se vince facile"...quanto c'ha ragione...parola sua e di Tacco12.  

PostScriptumLazie: Vi ostinate a chiamare Memorial un derby che, comunque, valeva 3 punti... a tal proposito non sentite un venticello strano? Le temperature sono calate di botto. 

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